Skip to content

Una foto, una storia… Quei formidabili allievi del ’77.

Pubblicato il

Tra gli indimenticabili anni settanta, il 1977 occupa, senza alcun dubbio, una posizione di rilievo strategico: i perenni contrasti tra le tensioni buie e violente del terrorismo e l’energia vitale e luminosa dei movimenti giovanili, la tragica morte dell’angelo biondo laziale Luciano Re Cecconi, il film cult “La febbre del sabato sera”, la canzone “Bella da morire” che consentì agli Homo Sapiens di trionfare al Festival di Sanremo, le piazze, i collettivi, il femminismo, le radio libere, la TV a colori posero le basi di cambiamenti epocali. A Scafati non mancarono le proteste studentesche di noi liceali contro un sistema scolastico ormai obsoleto e inaffidabile né il nostro supporto nell’organizzare e condurre programmi musicali e sportivi nella giovanissima “Radio Nova”, radio libera ricca di innovativi fermenti politici e culturali. E, a proposito di sport, non si può fare a meno di citare la fantastica squadra degli “Allievi d’oro del 1977” (atleti under 16, quasi tutti nati nel 1962, una delle squadre Allievi locali più forti di tutti i tempi), capace di introdurre un nuovo modo di intendere e di concepire il basket.

Quintetto base: Mimmo Sicignano, play-maker (palleggiatore abilissimo, imprendibile quando gli avversari marcavano a uomo, soprannominato il prestigiatore), Giuseppe Melillo, esterno destro (capocannoniere della squadra della categoria Cadetti, elegantissimo e concreto, stilisticamente ineccepibile, micidiale dal perimetro, che avrebbe giocato anche in Serie C, il papà del quale, sempre presente, era il nostro “primo” tifoso), Guglielmo Formisano, esterno sinistro (capitano e capocannoniere della categoria Allievi con 388 punti in 16 partite, media 24,25, mancino, contropiedista velocissimo e infallibile nel tiro dalla distanza, con percentuali, spesso, in allenamento,  di nove su dieci dall’angolo), Alfonso de Martino, pivot (1,91 cm, agile e guizzante sotto canestro, istantaneo nel rilancio delle ripartenze, anch’egli futuro componente del roster della Serie C), Michele Troianiello, pivot (1,88 cm, insuperabile nei rimbalzi e nelle stoppate); completavano la rosa un giovanissimo Giovanni Tramonti, classe 1964 (già fisicamente strutturato, duttile ed eclettico, in grado di ricoprire tutti i ruoli, che avrebbe esordito in Serie A2), Vincenzo Accardi (abilissimo nell’uno contro uno, spalle a canestro, con raffinatissima tecnica individuale), Aniello Longobardi (Il Presidentissimo della Serie A1, grintoso e combattivo), Gennaro Adinolfi e Franco D’Auria (marcatori spietati, anche in settimana).

L’allenatore era il geniale Carlo Malafronte, motivatore dall’ottimismo contagioso, in vantaggio sui tempi e sui colleghi delle formazioni rivali: suoi i meriti di prove corali che partivano da una difesa aggressiva (la difesa, “La legge morale che è in me”) per costruire attacchi vincenti, che funzionavano a meraviglia (l’attacco, “Il cielo stellato che è sopra di me”); suoi i meriti di aver in qualche modo anticipato, rimodulato e riadattato alle nostre caratteristiche ed esigenze il “pick and roll” (situazione offensiva nella quale un lungo sale per “portare” un blocco al palleggiatore amico), i “mismatch” (situazioni in cui un giocatore della squadra attaccante affronta singolarmente un avversario trovandosi in condizione di vantaggio), i “doppi blocchi” dei pivot De Martino e Troianiello per creare i presupposti a Formisano e Melillo di ipnotizzare il canestro e bruciare la retìna, i “tagli backdoor” (fondamentali negli smarcamenti), la difesa “box-and-one” (difesa mista che combina i principi di uomo e zona, con difesa a uomo sul play e a zona degli altri quattro).

Il segreto principale di quella squadra era, però, di essere “relazionale”, di ritrovarsi amici anche fuori dal campo della Villa Comunale dove, spesso, ci si allenava sotto piogge battenti, gli uni con gli altri e gli uni per gli altri; si giocava a scacchi, a calcio, ci si recava a cinema e in pizzeria, a Cava de’ Tirreni a vedere l’esibizione in tornei estivi di Bob Morse e Dino Meneghin, campioni d’Italia con la Mobilgirgi Varese, e al Palazzetto dello Sport Mario Argento di Fuorigrotta ad ammirare gli Harlem Globetrotters, la Cosatto Napoli e la Cinzano Milano di Pino Brumatti (Serie A2). Dopo la prima spettacolare partita di campionato, a Nocera, ci fu chiesto: Da quanti anni giocate insieme? Risposta: È la prima volta.

La fase iniziale registrò un crescendo travolgente, dieci vittorie su dieci, con i meccanismi che giravano alla perfezione, con giocate di elevata cifra tecnica e stilistica. Nella prima gara della seconda fase (provinciale) toccammo il massimo; raggiungere quota 94 punti per una squadra Allievi, considerando che non era ancora in vigore il tiro da tre, costituiva un’impresa davvero notevole: sembravamo imbattibili, sognavamo già le fasi regionali e, chissà, le nazionali. Però, prima delle sfide decisive contro il Sarlo Salerno guidato da Policastro e contro la Polisportiva Fatima capitanata da Lentini (formazioni che avevamo visto all’opera e che sembravano essere abbordabilissime), una serie di infortuni (ci fu addirittura una “fittizia” convocazione in prima squadra, in Serie D, del febbricitante Formisano per chiedere e ottenere il rinvio dell’imminente confronto con il Sarlo Salerno) e di lutti familiari che impedirono al mister di schierare la rosa al completo, una panchina non lunghissima, due tiri liberi sbagliati al termine della già menzionata partita contro il Sarlo Salerno (che ci superò poi dopo un tempo supplementare davanti a un pubblico numerosissimo, attirato anche da locandine e manifesti pubblicitari da serie superiore) ci costrinsero alla resa e a riporre i sogni nel cassetto.

La delusione fu grandissima: ancora oggi ci ripenso con malinconica nostalgia. Però, con un’iperbole di tipo sudamericano, mi piace immaginare un’ipotesi diversa di custodire il tempo, mi piace credere che il Presidentissimo Nello Longobardi, artefice della svolta manageriale e della conseguente conquista della massima divisione nazionale del Basket Scafati, si sia appassionato al “gioco” proprio in quel periodo, in quell’epoca, in quegli interminabili allenamenti sotto le piogge torrenziali sul campo in mattonelle della Villa Comunale, militando e giocando in quella squadra “Bella da morire”, in quella squadra di quei “formidabili e spensierati Allievi del 77”.

Guglielmo Formisano

Storia

Sport