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Articolo a cura di Sebastiano Sabbatino.
Nella nostra realtà, nelle nostre memorie individuali e nella nostra memoria storica, c’è sempre il ponte, quello che permette di andare dall’altra parte, oltre il fiume, che permette di sostare un attimo, quando non c’è cattivo odore, e di guardare le acque che scorrono.
Ripensiamo a un ponte su acque verdi e pulite. E di fronte all’immaginazione di un altro tempo si fa strada un duplice sentimento, malinconia per un passato di cui ci giungono antiche voci e un sentimento di sdegno per il presente, per una identità quasi persa.
Bisogna ritrovarla, questa identità, riannodare il filo che collega il passato al presente, bisogna costruire un ponte che ci faccia riconoscere, che ci faccia scoprire le nostre storie, senza cadere nella stupidità dei localismi. Conoscere e riconoscere i nostri luoghi significa anche saper volgere lo sguardo altrove, con rispetto verso gli uomini e le cose.
Il ponte, solitamente, è un simbolo con una ricca valenza positiva: è un luogo che unisce, che favorisce incontri, che fa superare barriere. Il ponte sul fiume Sarno, in piazza, tra la Chiesa, il parco voluto dai Wenner, e il palazzo comunale unisce la fede, la partecipazione alla cosa pubblica e le passeggiate lungo i viali della villa.
Ai tempi dell’eruzione del Vesuvio del 79 DC doveva esserci già un ponte in muratura che permise la via di fuga a parecchie persone, prima di crollare sotto il peso della cenere e dei lapilli.
Successivamente si hanno notizie di altri ponti in muratura fino all’alto Medio Evo, quando, dopo un ulteriore crollo, si diffuse il sistema di traghettamento di persone e merci, per poi passare a ponti in legno.
Proprio intorno al luogo di traghettamento, molto probabilmente nacque il primo nucleo del nostro paese, dovendo i passeggeri stazionare in attesa di poter passare dall’altra parte con le scafe, da cui deriverebbe il toponimo Scafati, lungo la via romana che da Pompei conduceva a Nuceria e che si trova sotto l’attuale statale. Molte persone avevano bisogno di cibo, di riposo e si sviluppò il commercio. Ma non mancò la fondazione di un luogo di preghiera e di devozione.
FOTO PONTE: anni 1792 – 1862 – 1906. Si ringrazia Pio Puglisi per la seconda foto resa a colori.
Il primo ponte in muratura dei tempi moderni fu costruito nel 1753, quando la Commissione dei ponti e strade del Regno impose al Signore di Scafati, Pompeo Piccolomini d’Aragona, Conte di Celano e Principe di Valle, di sostituire il vecchio ponte in legno, danneggiato e vetusto, che sfiorava le acque del fiume, pericoloso durante le piene e che ostruiva il passaggio delle piccole imbarcazioni fluviali. Inoltre, era transitabile solo da carri leggeri e inadeguato all’importante strada regia che collegava Napoli con la Calabria. I signori di Scafati godevano del diritto di passo, ossia il pagamento di un pedaggio versato obbligatoriamente da coloro che attraversavano il ponte, anche per merci e animali. Tale diritto fu eliminato soltanto nel 1792.
Il ponte in muratura fu abbattuto nel 1862, anno in cui fu realizzato un ponte in ferro con tavolato di legno, sostituto poi dall’attuale ponte in cemento armato, inaugurato il 6 marzo del 1906. Le ringhiere sono quelle del 1862.
Nel 1943 il ponte fu protagonista di uno dei più importanti episodi in difesa della libertà, da parte di un gruppo di valorosi partigiani scafatesi che, con la loro azione impedirono che fosse fatto crollare. I tedeschi in ritirata, l’avevano già minato, per rallentare l’avanzata degli alleati. Già erano stati fatti saltare tutti i ponti sul Sarno. L’azione dei partigiani, in difesa del ponte e contro la barbarie nazifascista, come ricorda la lapide, servì a preservare la nostra città da un bombardamento che si sarebbe presentato simile a quello poi effettuato su Montecassino.
Oggi lo vediamo così, il ponte, come fu realizzato nel 1906. Vediamo le ringhiere del 1862.
È proprio un antico ponte che andrebbe curato e valorizzato con un accurato restauro, con un’illuminazione adeguata, riprendendo anche gli stucchi ancora visibili lateralmente. Un tempo ormai lontano, il ponte era illuminato da antiche lampade per essere poi sostitute in epoca fascista da lampioni a tre braccia, poi fino agli anni ‘70 da pali lavorati in ghisa, oggi invece vi è un anonimo polo. W E, soprattutto, il nostro sguardo dal ponte dovrebbe incontrare acque pulite che scorrono verso il mare.
FOTO ILLUMINAZIONE PONTE: anni fine 1800 – anni 1930 – anni 1950/1960 – attuale.
Articolo a cura di Sebastiano Sabbatino.
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