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Storia della Scafatese Calcio: Teta, l’angelo della salvezza.

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La Scafatese 2007/2008, che non militava in Serie C dal 1948/1949, partì alla grande, con due vittorie consecutive, ma fu solo un’illusione. La campagna acquisti, seguita dal Direttore Sportivo Vito Giordano, basata sugli acquisti di numerosi giovani, si rivelò deficitaria in tutti i reparti e per la società fu difficile rimediare. “Silurati” Giordano e Favarin, ci si affidò al navigato Roberto Chiancone mentre, dal mercato di riparazione, arrivò qualche giocatore più esperto (Soviero, Bevo, Musacco, Ramora, Sannibale, Savino e, soprattutto, Angelo Mario Teta, proveniente dal Sorrento, Serie C2). Con molta sofferenza, Chiancone recuperò qualche posizione in classifica ma, dopo la sconfitta a Monopoli, anche in seguito ad alcune contestazioni della tifoseria, venne esonerato, e venne richiamato Favarin. Sei partite, una vittoria, due pareggi, tre sconfitte: questo il bilancio del Favarin 2, e si fece di nuovo ricorso a Chiancone. Nonostante varie vicissitudini, i canarini raggiunsero i play-out, con avversario il Val Di Sangro. La gara di andata fu decisa da un rigore di Fabio de Luca

al minuto 67 per cui, al ritorno, alla Scafatese sarebbe bastato un pareggio per centrare la salvezza. A noi occorsero più di tre ore di viaggio per arrivare ad Atessa (dove, per ironia della sorte, nel 2009/2010 avrei svolto il periodo di prova come primo anno da Dirigente Scolastico) e per posizionarci nella gradinata dello Stadio di Montemarcone; un abbagliante sole primaverile si faceva spazio tra due nubi indifferenti, proiettando ombre fugaci sul terreno di gioco e preannunciando l’arrivo dell’estate. L’inizio fu un vero e proprio incubo: 2-0 per il Val di Sangro dopo soli 28 minuti e risultato conclusivo del primo tempo. Al minuto sei della ripresa, però, un colpo di testa di Raffaele Perna riaccese le speranze dei gialloblé. E, a questo punto, “Come un uragano” (film del 2008), entrò in scena Angelo Mario Teta, il “magnifico stilista”, che faceva dei calci piazzati (ogni punizione “una ripetizione nuova, diversa, un taglio, un’invenzione”) la sua cifra esistenziale, la sua ragione di vita, aprendo in ogni occasione finestre emotive nella psicologia dei tifosi. Teta, all’inizio mezzala, avrebbe poi arretrato il suo raggio d’azione (come Andrea Pirlo, per intenderci), collocandosi davanti alla difesa dove, con personalità e lucidità, elaborava passaggi illuminanti e lanci di quaranta metri alla Luisito Suarez, dalla “perfetta simmetria”, cucendo il gioco, garantendo coesione tra i reparti e dando un senso agli schemi, trasformando le sue giocate individuali in memoria collettiva. A Val di Sangro, intanto, al minuto sessantadue, la Scafatese conquistò una punizione dai venti metri; Teta, fino a quel momento non al massimo, accarezzò la palla, le parlò e le indicò la traiettoria da seguire; rincorsa breve e Angelo Mario, il “divino dei calci da fermo”, travestito da Lionel Messi, disegnò una curva magica che scavalcò la barriera, atterrò nel “sette” e si depositò dolcemente sulla rete all’incrocio dei pali, dove le era stato indicato, alle spalle dell’incredulo portiere Armellini, la rete e regalando la tanto sospirata salvezza ai gialloblé e ai suoi tifosi. Un boato attraversò la gradinata dello Stadio di Montemarcone; le tre ore e più impiegate per raggiungerlo erano ormai dimenticate. Teta avrebbe poi concluso la carriera di calciatore nella Scafatese, prima di intraprendere quella di allenatore, con 94 presenze e 34 reti: la più bella, senza alcun dubbio, realizzata con quel sinistro al bacio del 25 maggio 2008, luminoso e abbagliante come quel forte sole primaverile che preannunciava l’arrivo dell’estate.

Guglielmo Formisano

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