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Scafati Storia. Nicola e Vittorio Cretella, i Leggendari Fratelli del Gol.

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Erano gli anni della dittatura fascista; nel 1931 il Tribunale speciale condannò 199 oppositori del regime a (complessivamente) 962 anni di reclusione, con 1 ergastolo e 4 condanne a morte eseguite; Scafati era guidata da Pasquale Vitiello, Podestà dal 20/04/1927 al 4/09/1943. Nelle rare foto, rigorosamente in bianco e nero, i volti dei giocatori dell’epoca, però, ci raccontano di ragazzi che avevano vissuto, da bambini, la Grande guerra e che, da adolescenti pieni di speranza, si erano avvicinati al calcio, sport di massa, di cui sarebbero diventati esperti, in seguito, anche o soltanto da tifosi. Le figurine ancora non esistevano ma, in quell’anno, nacque Franco Cosimo Panini (insignito del Premio cultura 2002 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri) il quale, insieme ai fratelli, negli anni sessanta, avrebbe lanciato l’Album dei calciatori diventato, prima che uno straordinario successo editoriale, un fenomeno sociale e culturale. Nel 1930/1931 la Scafatese militava nel Campionato di Terza Divisione campana che, dall’introduzione del Girone Unico nel 1929/1930, corrispondeva a una Quinta serie. Questa la formazione: Pagano, Coppola, Bulleri, Ferrara, Vitiello, Cavallaro, Caiazzo, Cretella Nicola, Giannella, Accarino, Cretella Vittorio; altri titolari: Ferraiuolo, De Ciccio, Durante. Presidente: Nicola De Felice. Allenatore: Bulleri. Modulo praticato: “Metodo” o “Doppia W” (con il quale l’Italia di Vittorio Pozzo avrebbe trionfato nei Mondiali del 1934 e del 1938). La partenza dei gialloblè fu abbastanza lenta e stentata (girone di andata concluso con solo 9 punti, alla media di 1 punto a partita) ma, nel ritorno, le cose migliorarono sensibilmente, grazie soprattutto ai fratelli Nicola e Vittorio Cretella, elementi si spicco della squadra. Nicola (classe 1910) era una mezzala destra instancabile dotata di quantità e qualità, un pioniere del ruolo, in grado di dettare i tempi e le geometrie alla squadra, elegante e ritmicamente sofisticato, dal lancio illuminato e dall’impostazione evoluta; Vittorio (classe 1913) era un’ala sinistra non altissima ma guizzante e velocissima, infallibile rigorista dalla personalità debordante che arrivava dove gli altri non lo aspettavano volando sulla fascia a regalare allegria con scatti estemporanei e repentini. L’improvvisazione, sia singola che collettiva, riveste un ruolo importante nel calcio ma anche la dimensione collaborativa occupa un posto di primo piano; i fratelli Cretella coniugavano fantasia e cooperazione, estro e spirito di coesione, come sanno fare soltanto i visionari, soltanto i fuoriclasse di talento che scorgono quello che nessuno aveva mai visto prima e su quelle intuizioni costruiscono capolavori. Dopo la sconfitta con la Bagnolese “C”, gli uomini di De Felice liquidarono l’Angri (4-0) e il Nola “B” (3-1, con due reti di Accarino e una di Nicola Cretella). La sconfitta (4-2) in trasferta con la Sibilla, dove, tra l’altro, la Scafatese giocò in 8 uomini, sembrò compromettere la qualificazione ma, fortunatamente, le vittorie casalinghe contro Torrese (2-1) e, in rimonta, contro il Fuorigrotta (2-1, con reti di Ciaramella al 30’, autorete di Pischetola su tiro di Giannella al 50’ e rete conclusiva di Vittorio Cretella, di testa, a sette minuti dal termine), rimisero tutto in discussione. In tale incontro il portiere Pagano, febbricitante, fece miracoli e venne definito il “Mago della porta”. Prima dell’ultimo turno la classifica vedeva la Scafatese in testa, con punti 20, Sibilla e Torrese 19, Giovanna D’Arco 18, ma con una partita in meno, e Fuorigrotta 18, con due partite in meno. Nell’ultima giornata del 22/03/1931 era in programma Paganese-Scafatese e, ovviamente, i sostenitori della Torrese speravano in una vittoria della Paganese; “Il Corriere di Napoli” del 24/03/1931 descrisse quegli avvenimenti di quella gara nel modo seguente: << La pazzesca impresa di un numeroso nucleo di …. “tifosi”, per così dire, fra cui molti torresi recatisi sul glorioso campo del Pino di Pagani, non può essere né ammessa né incoraggiata. L’arbitro Vecchione di Avellino, premiato dalla Federazione con un cronometro d’argento, è stato assalito, e così i giocatori della squadra ospite, rea di trovarsi in vantaggio. Sulla partita e sulla responsabilità degli incidenti deciderà con l’abituale energia il Direttorio generale. Per la cronaca, dopo il primo tempo, nel quale la Scafatese dominò, si ebbe un secondo tempo alterno e vivace. Fu solamente al 73’ che, su di una punizione magistralmente tirata da De Ciccio, Giannella raccoglieva di testa il pallone respinto dallo spigolo della traversa e saettava imparabilmente in rete. Fu questa la “grave colpa” che provocò l’invasione di campo, l’aggressione di Vecchione e la conseguente sospensione della partita >>.

I calciatori, ovviamente, restarono scossi da quanto accaduto; inoltre, la Scafatese non disponeva di un proprio campo sul quale disputare le finali, tanto che “Il Corriere di Napoli” del 26/03/1931 affermò che “dopo tanti sacrifici sarebbe una barbarie doversi ritirare perché il campo non c’è”. Sullo stesso quotidiano del giorno 29/04/1931 si leggeva che “il motivo predominante della quarta giornata di questo appassionante torneo (girone finale per l’ammissione in Seconda Divisione) è, certamente, il ritiro della compagine scafatese, la quale, non disponendo più del campo sportivo di Pompei e non avendo più speranza di averlo, è stata costretta, con rammarico, a rinunciare alla lotta che aveva iniziato con grande passione”.

Con questi ingredienti e con queste premesse, molti giocatori emigrarono su altre sponde: sarebbero trascorsi circa dieci anni prima di poter rivedere un calciatore in maglia gialloblè gonfiare la rete di una squadra avversaria. I fratelli Cretella, però, in quell’epoca e in quella squadra, erano riusciti a creare ciò che avrebbe riprodotto Carla Fracci nella danza, un originale e creativo codice di stile; non conta il tempo trascorso se nel tuo tempo hai lasciato il segno: Nicola e Vittorio, riportandoci con la memoria alla scoperta di sensazioni e di stati d’animo immuni dai calendari e dalle latitudini, spostando sempre più in alto l’orizzonte dell’ammirazione nei loro confronti e consegnandosi per sempre alla nostalgia, riuscirono a trasformare il calcio in “musica sociale”, in una cassaforte di emozioni in grado di abbattere qualsiasi tipo di barriera spazio-temporale.

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