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La villa comunale di Scafati con una superficie di 27000 mq è il polmone verde della nostra città. La sua storia ha inizio nel 1824, quando giunse a Scafati da Piedimonte Matese, lo svizzero Giovanni Giacomo Mayer per impiantare una tintoria di rosso di Adrianopoli. La tintoria richiedeva risorse idriche abbondanti e, grazie al fiume Sarno e al sopralluogo effettuato da emissari del Mayer in precedenza, fu scelta la nostra città. In principio, l’area occupata dalla attuale Villa Comunale era un campo di robbia, radice che serviva da colorante per tessuti. La data esatta di quando è sorta la villa è imprecisata ma di certo è nata nella prima metà dell’Ottocento, quando fu abbandonata la cultura della robbia ed i Mayer avevano ormai fortune ben consolidate.
La villa venne trasformata in giardino privato della famiglia Mayer che fece realizzare al suo interno il Giardino d’inverno (serra calda), un locale di comodo, poi casino nobile, destinato alla famiglia e il laghetto. Giovanni Giacomo Mayer era così legato al suo parco che quando morì si fece seppellire al suo interno, in un’area che aveva adibito a piccolo cimitero (lato che va verso l’odierna via Oberdan, allora Via Castellammare). Alla morte di Giovanni Mayer subentrò suo genero Rodolfo Fraitag (marito di Elisabetta Mayer) passando poi a sua figlia Giovanna Fraitag nel 1887 che sposò Roberto Wenner, il quale diede maggior impulso e cura al giardino adornandolo di specie botaniche rare e ricostruì e trasformò il locale di comodo in casino nobile, aggiungendo una grande voliera, mentre alla moglie Giovanna viene attribuito la costruzione di un campo da tennis e le due montagnole situate vicino al laghetto. Nel 1933 i figli di Roberto Wenner, a seguito della crisi economica, vendettero i loro averi a Scafati, e come da volontà paterna, li cedettero al comune di Scafati, ricavandone anche una somma inferiore al valore. All’epoca il podestà Vitiello si impegnò al massimo per l’acquisizione di tutti gli averi dei Wenner al patrimonio comunale. La villa comunale è un patrimonio della nostra città, legata ai nostri ricordi e alla vita degli scafatesi da sempre. Anche quando era un giardino privato e, quindi, l’accesso non era consentito, i proprietari aprivano i cancelli alla popolazione in occasione della festa patronale di Santa Maria delle Vergini. Si vedeva così portata in processione la nostra Santa Maria delle vergini nel suo azzurro manto, attraverso i viali della villa, seguito dal suo popolo.
La villa comunale nel corso degli anni ha subito diversi interventi di recupero e trasformazione a partire dagli anni 70, quando furono abbattuti alcuni edifici di pregevole fattura, la serra calda e il casino nobile per costruire al loro posto una pista di pattinaggio è una fontana in cemento. Successivamente, nei primi anni 2000, ci fu il secondo intervento che è poi quello attuale. Da parecchio la villa è chiusa ma in questo mese sarà riaperta al pubblico, dopo i lavori di sistemazione che sono appena stati terminati. I vari interventi di restauro se hanno da un lato reso fruibile la villa dall’altro, secondo alcuni, l’hanno snaturata, privandola del fascino di giardino storico di metà Ottocento facendo rimpiangere alla popolazione la vecchia Villa comunale. Oggi resta poco del giardino di metà Ottocento, infatti anche gli arredi e l’illuminazione hanno poco a che vedere con quell’epoca. Ricordiamo che molte specie arboree sono andate perse come la vecchia quercia presente in villa che veniva citata già in atti notarili del 700. Inoltre, tutti noi ricordiamo la jubaea spectabilis, specie rara che si spera possa essere ripiantata.
Nella sua straordinaria opera “Le città invisibili” Italo Calvino narra che il viaggiatore è invitato a visitare la città di Maurilia e, nello stesso tempo, a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima. Noi, quando avremo occasione di passeggiare di nuovo tra i viali della villa, potremo osservare il parco storico com’era prima, attraverso la lente dei ricordi, alla ricerca del tempo che è passato ma che ha lasciato in noi immagini, piccoli frammenti di vita vissuta, quella foto della prima comunione, quel girotondo intorno alla quercia secolare, quelle corse su e giù per le montagnole, così segrete e misteriose, quel rimprovero per aver calpestato le aiuole, da parte del guardiano attento che andava su e giù in bicicletta, per i viali.
Quando verrà riaperta la nostra villa, noi continueremo ad amarla, per quel che è stata e quello che ancora rappresenta, per la sua bellezza, per le magnifiche e storiche serre, per i suoi scorci, per i suoi alberi che resistono al tempo. Se è vero che molto è andato perso o è mutato è altrettanto vero che occorre preservare quello che c’è. E continueremo a pensare che bisogna difendere e proteggere la nostra villa, giorno dopo giorno. Non bastano gli interventi straordinari, la storia ce lo ha insegnato, bisogna preoccuparsi della manutenzione ordinaria da parte di personale competente e appassionato. C’è bisogno di sorveglianza continua. E anche noi cittadini dobbiamo fare la nostra parte, riconquistando l’orgoglio del nostro polmone verde, ammirato anche dagli abitanti dei comuni limitrofi. Anche noi dobbiamo prestare attenzione alla nostra villa, come quei guardiani sulla bici che rimproveravano chiunque potesse danneggiare il nostro storico patrimonio Noi dobbiamo, a partire dalla villa, ricominciare ad ammirare Scafati e i suoi monumenti, a rivitalizzare gli spazi anche attraverso le idee e i valori che in questi spazi potrebbero ritrovare il loro tempo, il loro modo di essere.
Il presente è anche nel passato e nella volontà di recuperare nel futuro gli spazi della vita, del dialogo, della legalità e delle certezze. Il recupero della villa alla nostra quotidianità diventa anche un grande evento simbolico, per riappropriarci della possibilità di vivere spazi di partecipazione attiva e di felicità collettiva.
Sebastiano Sabbatino
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