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Rubrica a cura di Guglielmo Formisano.
(In foto: Federico Pietro, Volpe, Russo, Vitiello Antonio, Acunzo, Voccia, Schiavo, Federico Gerardo, Costanzo, Palladino, Vitiello Catello).
Una canzone di Sergio Endrigo affermava: “Il tempo che è passato non passerà mai”, e ciò a sottolineare che la memoria, intesa come sentimento di un passato condiviso, gioca un ruolo importantissimo nella vita di ognuno di noi. E Raffaele Acunzo, di Torre Annunziata, occupa sicuramente un posto di primo piano nella memoria dei tifosi della Scafatese, perché al suo nome è legato un periodo di soddisfazioni indimenticabili. Arrivato a Scafati nel 1954/55, Acunzo disputò 18 partite, segnando 7 reti, con la squadra che si piazzò seconda, con punti 21, a pari merito con il Savoia, il Fiordaliso e la Sangennarese, a nove lunghezze di distacco dalla capolista Nola. Acunzo, in queste poche gare, dimostrò già di possedere buone qualità.
Nel 1955/56, con 25 reti in 32 partite, Acunzo si confermò attaccante di razza, anche se la Scafatese, nel Girone semifinale di Prima Divisione, si piazzò solo quarta, dopo aver dominato la prima fase. Nel 1956/57, in quella che, probabilmente, resta la sua annata migliore, con 39 reti in 32 partite, Acunzo contribuì in maniera decisiva alla promozione in V Serie. Nel 1957/58, ancora 13 reti in 26 partite, con la neopromossa Scafatese che sfiorò la conquista della quarta serie, perdendo le finali regionali. Nel 1958/59, 20 reti in 22 partite, ma i canarini, secondi, a quota 39, a pari merito con la Paganese, a un punto di distacco dall’Angri, furono ancora costretti a rinviare i sogni di promozione.
Nel 1959/60, ultimo anno di Acunzo in maglia giallo bleu, il centravanti mise a segno 10 reti in 26 partite, centrando la promozione in quarta serie, più altre 4 reti in 9 partite nel torneo valevole per l’assegnazione del titolo di Campione d’Italia Dilettanti, perso dalla Scafatese alla monetina, in finale, contro la Ponziana di Trieste. Come si vede, con Acunzo centravanti, la Scafatese non si classificò mai al di sotto del terzo posto, e le sue 114 reti in 156 partite di campionato, alla eccezionale media di 0.730 reti per partita, confermano il suo enorme spessore tecnico. Acunzo, che nelle foto è facilmente riconoscibile, in quanto ci appare con la testa leggermente inclinata a destra, poteva essere definito come un interprete di un calcio che andava man mano evolvendosi e che, ai possenti arieti del passato, andava sostituendo giocatori tecnici, in grado di sfuggire alla crescente malizia dei difensori e alle nuove disposizioni tattiche ideate dai “profeti” delle panchine. Giocatore mobilissimo, amava svariare da un fronte all’altro dell’attacco, diventando quasi immarcabile; possedeva, inoltre, palleggio, dribbling, progressione, visione di gioco e, all’occorrenza, anche altruismo.
Non a caso, i suoi compagni di attacco, da Gerardo Federico a Stanzione, da Russo a Scarlato, da Gallo a Imparato, sfruttando gli spazi da lui creati, beneficiavano di maggiore libertà, riuscendo, spesso, a finalizzare in rete le azioni offensive. Insomma, Raffaele Acunzo, per quelle categorie, era un valore aggiunto, un lusso; era il beniamino dei tifosi, ai quali faceva sognare con emozione il futuro. Era, dunque, un giocatore universale, in quanto riusciva ad abbinare, in un cocktail micidiale per le difese, agilità e potenza, tecnica e velocità, calcolo e istinto. Per comprendere meglio quanto fosse importane, basta ricordare un episodio relativo al Campionato di Prima Divisione 1955/56; alla diciannovesima giornata, sesta di ritorno, era in programma l’attesissimo derby contro i “cugini” della Libertas Scafati; Acunzo, alle prese con una grave forma influenzale, sarebbe stato costretto a dare forfait; la partita era, senza alcun dubbio, tra le più importanti dell’anno, per cui i suoi compagni di squadra, Costanzo detto “Marlon Brando”, Gerardo Federico e Palladino, a poche ore dall’inizio della gara, corsero a Torre Annunziata, lo “prelevarono” e lo portarono a Scafati; Raffaele, dopo un’iniezione, scese regolarmente in campo e, tra lo stupore dei giocatori della Libertas, realizzò due reti di pregevole fattura, contribuendo al successo (4-1) dei canarini; alla fine, stremato, fu riaccompagnato a casa e lasciato davanti alla porta dell’abitazione, per il timore dei sacrosanti rimproveri e delle imprecazioni che sarebbero potuti giungere da parte dei familiari.
Dopo il 1959/60, Acunzo non giocò in Serie D, ma fu trasferito alla Fiamma Sorrento; il primo ingaggio, però, gli servì per emigrare in Australia, dove rimase fino al termine della sua vita. Il ricordo di Raffaele Acunzo, classe e nostalgia, e delle sue reti straordinarie, appartiene, però, alla memoria di tutti i sostenitori della Scafatese e sarà, per sempre, molto più luminoso di quelle poche, sbiadite e ingiallite fotografie, che lo ritraggono con la testa obliqua, quasi a pensare e a immaginare un goal da realizzare.
Guglielmo Formisano
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