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Social Network, il limite tra il diritto di critica e il reato di diffamazione.

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Con i social network sappiamo che tutti si sentono liberi di dire un po’ qualsiasi cosa, anche in maniera incauta. Tuttavia, bisogna fare attenzione perché il nostro codice penale – all’articolo 595 -prevede che è punito chiunque comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione.
Proviamo a spiegare con parole semplici questo articolo del codice penale – non me ne vogliano i giuristi di professione se non utilizzo la lingua del diritto.
Perché si abbia reato di diffamazione occorrono più elementi; in primo luogo ci deve essere una comunicazione con più persone e questo è garantito dall’utilizzo dello strumento del web; in secondo luogo l’offesa all’altrui reputazione e per reputazione intendiamo la proiezione dell’immagine di un soggetto all’esterno, quindi come l’immagine di questo soggetto è percepita dalla collettività in un certo momento storico; il terzo elemento è che il soggetto offeso non sia presente alla comunicazione, anche questo è garantito dallo strumento utilizzato ad esempio Facebook. Diversamente, se il soggetto fosse presente avremmo il reato di ingiuria; infine, il soggetto la cui reputazione viene offesa deve poter essere individuato anche per esclusione. Questi sono i punti cardine perché si abbia reato di diffamazione. Tuttavia, questo reato non punisce sostanzialmente un soggetto che abbia diffamato qualcuno nell’esercizio di un proprio legittimo diritto, ad esempio il diritto di cronaca.
Quello che interessa a noi è soprattutto il diritto di critica, il diritto di esprimere la propria opinione. Ma fino a che punto si può disapprovare, contestare qualcuno esprimendo la propria opinione anche a rischio di offendere la reputazione? La risposta la dà la giurisprudenza che ha individuato tre elementi per andare a limitare la possibilità di criticare in maniera libera e generalizzata verso qualcuno.
Il primo elemento è la verità, ovviamente non intendiamo la verità dell’opinione ma la verità del fatto criticato. Sarà sicuramente diffamazione se una persona critica gratuitamente un fatto che non è veritiero, quindi difficilmente opera in questo caso la scriminante dell’esercizio legittimo del diritto, in secondo luogo deve essere fatta una critica pertinente, cioè deve esserci una qualche forma di interesse sociale alla conoscenza di quel tipo di informazione della propria opinione. Il pubblico deve trarre una qualche forma di utilità nel generarsi un’opinione su quel tipo di argomento, quindi un’opinione pubblica, un’opinione economica, o un’opinione di carattere scientifico; infine, ci deve essere continenza formale.
La continenza è un po’ una caratteristica che occorre valutare caso per caso; nel senso che se ci rifacciamo al diritto di critica, significa sostanzialmente di non calcare troppo la mano. Se però, pensiamo che nel diritto di critica è compresa anche la facoltà di fare satira anche quando esprimiamo la nostra opinione c’è margine per una critica piuttosto aspra. Resta il fatto che più la propria opinione viene espressa con modalità corrette e leali e più facile sarà di evitare di sconfinare da quello che è lecito verso ciò che lecito non è.
A questo proposito proviamo a fare un esempio che mi sembra interessante. Immaginate che vi sia una cliente che non paga un determinato negoziante e questi dichiara sui social dei canali del proprio network: signori sappiate che tizia è un cattivo pagatore mi deve ancora 2000 euro.
Il negoziante lo può fare o questo è diffamazione perché viene offesa la reputazione del debitore? Su questo punto non c’è tantissima giurisprudenza, quindi proviamo a ragionare alla luce di canoni che abbiamo appena visto. Prima cosa, il fatto oggetto di critica è vero e se il negoziante che dice “tizia è un cattivo pagatore perché mi deve ancora 2000 euro” sta esprimendo un’opinione sulla base di un fatto oggettivamente vero, quindi la prima cosa che dovrà essere verificato è se quei soldi gli sono effettivamente dovuti o, magari, bisogna essere certi che il cliente non lo paga perché ha ricevuto della merce viziata, oppure perché il negoziante aveva un debito nei suoi confronti.
Quindi, questo è il primo elemento da verificare se il fatto criticato è vero. Secondo elemento da verificare è la pertinenza. In questo caso è opportuno fare una differenziazione stabilendo se il negoziante comunica quell’informazioni all’universo mondo tramite l’utilizzo dei social e se questa informazione venga recepita da altri negozianti, ma potrebbe anche essere che quell’informazione venga recepita dal fidanzato della cliente o dai suoi amici che tutto sommato non sono interessati più di tanto a sapere che la loro amica sia un cattivo pagatore, dopotutto, loro escono con lei per frequentare la movida e non si vede dove stia il problema.
Quindi, influisce anche il pubblico a cui si comunica.
Diverso sarebbe se invece il negoziante trovandosi con altri 2-3 negozianti di cui è cliente anche tizia riferisce “attenzione tizia non è un buon pagatore e mi deve ancora 2000 euro”; quindi, in questo caso, siamo nell’ambito della pertinenza e della continenza. Se poi il negoziante aggiunge anche delle offese piuttosto pesanti, ecco che in questo caso ci sarebbe da discutere se sta esercitando il diritto di critica in modo continente.

Alberto Voccia

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