
Capita, a volte, che non ci sei con la testa. Che la mano non risponde ai comandi della mente.
Che non sai più inventare magie, che non sei più preciso come un eroe dei fumetti.
Capita che un arbitro impietoso, non comprendendo il tuo stato d’animo, ti fischia contro, ancora contro, spesso anche a sproposito, sempre contro.
Capita che ti lasci andare a una reazione scomposta, che rischia di compromettere il prosieguo della tua carriera.
Ad Antonio Pagano, il capitano, la bandiera, sicuramente uno dei più grandi cestisti di tutti i tempi del Basket Scafati, questo è capitato.
Antonio nasce per giocare a pallacanestro, seguendo le orme del fratello Franco; adolescente, vince, da protagonista, i tornei studenteschi, poi esordisce giovanissimo in prima squadra, contribuendo in maniera determinante alle vittorie e alle promozioni dalla Serie D alla C2 e dalla C2 alla C1.
All’inizio è un esterno grintoso e veloce, poi diventa play (oggi si direbbe play-guardia), gioca anche per la squadra, ma è indiscutibilmente il principale terminale offensivo del quintetto, il leader, l’uomo che non fugge dalle responsabilità nei momenti importanti. E, infatti, in una delle sue prime partite, disegna, dall’angolo, la parabola decisiva al suono della sirena, ed è portato in trionfo dai tifosi assiepati ai bordi del campo della Villa comunale. Il suo marchio di fabbrica è il tiro in sospensione, elegante come quello di Salvatore Di Lauro, ma ricamato e rielaborato con uno stile personale, che imprime alla palla una traiettoria arcuata, grazie a un movimento non solo di polso, ma anche di avambraccio, con il risultato di percentuali pazzesche dal perimetro; i suoi valori irrinunciabili sono entusiasmo e passione, lealtà e senso dell’amicizia.
Poi, nel 1987/88, “l’incidente di percorso”, con aggressione all’arbitro e conseguente squalifica di due anni e dieci mesi.
Se, come ha scritto Kipling, riesci a far fronte al trionfo e alla rovina, se riesci ad avere fiducia in te quando tutti ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio, e a perdere e a ricominciare di nuovo dal principio, e a non dire una parola sulla sconfitta, allora diventerai sicuramente migliore.
Capita, un giorno, che diventi un uomo, che scendi dal trenino della tua infanzia e che, mentre la palla accarezza la retìna, avverti un profondo senso di responsabilità.
Ad Antonio Pagano, questo è capitato.
Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta, in realtà, di un solo momento: quello in cui ognuno di noi sa per sempre chi è.
Nel 1994/95, Campionato di Serie C1, Antonio parte in sordina, ma come al solito, nei momenti cruciali, è sempre lui a fare la differenza, magico e infallibile, un po’ Mandrake, un po’ Tex Willer, ed è lui, da autentica stella cometa, a guidare la squadra nella scia della promozione in Serie B2, con cinque “decisive consecutive” bombe nello spareggio conclusivo, contro il San Severo.
Antonio Pagano, il numero 9, il capitano, è e resterà per sempre il simbolo di un basket dalla dimensione romantica e idealista, che non vuol saperne di arrendersi ai continui, inesorabili mix-match del profitto e della presunta “modernità”.
Guglielmo Formisano