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FESTA DELLA LIBERAZIONE: IL 25 APRILE A SCAFATI CORTEO PER I CADUTI DELLA GUERRA.

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Programma mercoledì 25 aprile:

  • ore 10.00  Raduno presso la Casa Comunale di cittadini, associazioni ed autorità
  • ore 10.15  Corteo e deposizione corona d’alloro presso il Monumento ai Caduti in piazza Garibaldi
  • ore 10.30  Corteo e deposizione corona d’alloro presso la Lapide Commemorativa sul ponte del Sarno

La Battaglia di Scafati (fonte Wikipedia)

Durante la seconda guerra mondiale, in Italia molte piccole città non furono toccate dal conflitto. La città di Scafati era una di queste, finché un giorno una pattuglia britannica e una tedesca si scontrano nelle sue strade. In quel periodo Scafati era una città di circa 15000 abitanti circa. Come oggi (2014) c’era il ponte di pietra che attraversa il fiume Sarno che divide la città in due. In periferia c’erano molte piccole masserie dalle quali dipendeva l’economia della cittadina.

Scafati quindi di per sé era un posto tranquillo, ma siccome si trovava sulla strada principale per Napoli, nei suoi vicoli stretti e tortuosi, i tedeschi avevano deciso di ritardare l’avanzata delle unità corazzate britanniche che erano penetrate attraverso le montagne a nord di Salerno. Verso le 11:00 del 28 settembre 1943, le pattuglie blindate inglesi si avvicinarono alla cittadina, muovendosi con cautela, attraverso le campagne. A sud della città furono fermate da alcuni abitanti alquanto esaltati, alcuni dei quali portavano fucili e indossavano bracciali con sopra cucite delle croci rosse. Altri possedevano delle bombe a manoche avevano rubato ai tedeschi. Si trattava del primo gruppo armato di resistenza del meridione d’Italia, il Gruppo 28 Settembre. I partigiani informarono il comandante britannico che il ponte davanti a loro era stato minato e assediato dalle mitragliatrici tedesche.

Il comandante britannico era Michael Forrester (31 agosto 1917 – 15 ottobre 2006), un giovane tenente irlandese con i capelli biondi e il volto rigato dal grasso, al comando del 1/6° del Queen’s Royal Regiment, meglio conosciuto come i Topi del Deserto (Desert Rats). Egli ringraziò i partigiani della città e posizionò uno dei suoi carri armati all’altezza di una curva nella strada che portava in città. Nelle vicinanze della curva c’era il ponte. Il carro armato aspettò lì per un po’ mentre un tommy(soprannome che gli inglesi davano ai propri soldati) salì in cima a una casa per vedere cosa c’era dall’altra parte. Il soldato tornò con la notizia che c’era un cannone anticarro in piazza vicino al ponte e che era puntato su di loro. A questo punto un Bren gun carrier (piccolo veicolo corazzato cingolato inglese) si avvicinò e l’ufficiale decise di fargli ficcare il “naso di ferro” lungo la curva solo per vedere cosa sarebbe successo. Il veicolo avanzò lungo la curva e fu raggiunto da raffiche di proiettili di mitragliatrice. In tutta fretta ritirarono il “naso” del veicolo.

Nel frattempo, alcuni italiani si offrirono di guidare un piccolo gruppo di soldati britannici per la città ritornando poi attraverso il fiume. Sopraggiunsero molti veicoli mentre un gruppo di ufficiali e soldati si era raccolto dietro un carro armato per discutere della situazione. Faceva molto caldo, anche se era nuvoloso e si erano fermati per asciugarsi la fronte. Il tenente colonnello prese un tommy gun (soprannome inglese del mitra Thompson) e portò con sé due dei suoi uomini nella casa più vicina al ponte. Dal tetto, individuarono un cannone anticarro e un carro armato Mark III vicino al ponte.

Aprirono il fuoco sui serventi al pezzo costringendoli a disperdersi. Anche il carro armato indietreggiò attraverso il ponte. A questo punto il tenente colonnello scese giù e ordinò di convertire la casa in un posto di osservazione. Nello stesso istante, una squadra mortai britannica si spostò iniziando a sparare lontano. Due soldati americani, S/Sgt. Don Graeber di Salt Lake City, e Pvt. John Priester di New York, erano seduti in una jeep a guardare il procedimento con molta attenzione.

I due erano lì per riportare indietro i prigionieri tedeschi per l’interrogatorio. Sembravano molto irrequieti e rimasero lì seduti per circa quindici minuti, poi si guardarono a vicenda, annuirono, scesero dalla jeep e attraversarono la strada in uno degli edifici da cui gli inglesi sparavano. Gli inglesi stavano avendo la meglio sui tedeschi, così i Jerries (soprannome inglese per i soldati tedeschi) andarono via dal ponte. Il ponte non era stato minato, come si era temuto, ma c’erano diverse scatole di esplosivo ad alto potenziale sparse qua e là.

La battaglia si spostò così verso l’altro lato della città. Furono avvistati altri tre carri armati tedeschi mentre quelli britannici si preparavano ad affrontarli. Sul lato liberato del ponte, gli italiani stavano arrivando entusiasti dalle case trasportando frutta e vino. Attraverso il ponte la lotta era ancora in corso, ma i tedeschi iniziavano a soccombere. Intanto gli inglesi portarono su armature e attrezzature anticarro a volontà ed anche la fanteria stava cominciando a muoversi.

Un gruppo di tre famosi corrispondenti di guerra seguì a piedi il corso della battaglia. Si fermarono in un angolo occupato dai vincitori. A quattrocento metri di distanza c’era un carro armato Mark III. Il Bren Gun Carrier li precedeva dietro l’angolo. Il carro armato tedesco fece fuoco. Il Bren Gun Carrier fu completamente distrutto e i tre corrispondenti britannici rimasero uccisi.

Gli inglesi risposero al fuoco e centimetro dopo centimetro, spinsero i tedeschi fuori da Scafati, in direzione di Napoli. Non appena l’ultimo carro armato tedesco lasciò la città, così iniziò a cadere la pioggia che ebbe una sorta di effetto rilassante sulla cittadinanza. Finalmente i tedeschi erano andati via, ma erano rimaste le cicatrici della battaglia. Quindi furono esaminati gli edifici in frantumi e i corpi straziati che si trovavano nelle strade. Poi i cittadini tornarono tranquillamente alle loro case per riprendere le loro vite da dove erano state interrotte.

I tre corrispondenti di guerra che persero la vita erano Alexander AustinStewart Sale e William Munday. Le loro salme, alla fine del conflitto, furono trasportate nel Salerno War Cemetery, uno dei più grandi cimiteri di guerra inglese, che si trova a Salerno sulla Strada statale 18 presso Montecorvino Pugliano. Il cimitero ospita le spoglie di 1653 inglesi, 27 canadesi, 10 australiani, 3 neozelandesi, 9 sudafricani, 33 indiani, 111 non identificati per un totale di 1846 militari caduti in Italia Meridionale.

I tedeschi spinti verso Napoli passarono per il comune di Poggiomarino dove, nella scuola in contrada Tortorelle, avevano allestito un ospedale militare per i feriti. Nel cortile adiacente la scuola vennero seppelliti i morti che successivamente, dopo la guerra, furono esumati e portati in patria.

Oggi  sono sempre meno i reduci della Seconda guerra mondiale, che prendono parte a due uniche ricorrenze: lo Sbarco di Salerno (nome in codice Operation Avalanche) e la battaglia di Scafati. Ogni anno tornano sui luoghi che li videro giovani e baldi soldati, guardando con emozione i campi di battaglia e il panorama di quelle montagne, nelle quali molti dei loro commilitoni del 1943 lasciarono la loro giovinezza, in una terra definita benedetta da Dio.

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